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Dopo circa dieci anni di "militanza" nelle controculture comunicative (Cyberpunk, Rave Party, Luther Blissett Project, Ufologia Radicale) e altrettanti di lavoro professionale in diversi comparti dell'industria culturale (carta stampata, tv e new-media) sono stato invitato da alcune piccole imprese a reinvestire le competenze maturate nelle attività underground in obiettivi decisamente orientati al mercato. Quello che mi chiedevano era molto semplice: "ma voi che senza una lira siete riusciti a far parlare la stampa di teorie astruse e di improbabili gruppetti sottoculturali, non è che avreste qualche idea per la nostra piccola azienda di software o di dischi?"
Quello che l'underground insegna ai piccoli gruppi culturali è che se hai un opinione scomoda o minoritaria per riuscire a diffonderla senza avere un budget da investire devi trovare delle strade alternative. Devi inventare cose nuove o più spesso trovare un modo nuovo di raccontare la stessa cosa, fare in modo di superare pregiudizi e attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle tue tematiche. Per fare questo inizi a muoverti come un guerrigliero. Tendi un imboscata, crei una trappola, costruisci un falso evento, un'azione, una notizia che la stampa non può esimersi dal trattare per il suo carattere di interesse, curiosità, novità. E che lo vogliano o no saranno costretti a parlare di te.
E' lo stesso tipo di attenzione di cui hanno molto spesso bisogno piccole imprese in fase di start-up o di rilancio. Hanno bisogno di visibilità, hanno bisogno che si parli di loro, hanno bisogno di un'immagine dinamica.
Quello che prima era "Communication Guerrilla" è così diventato per me e pochi colleghi scelti "Marketing Guerrilla". Le nostre tattiche di comunicazione prevedono creazione di eventi improbabili, paradossali, fantascientifici, azioni da eseguire nottetempo talvolta ai limiti della legalità. Il nostro target è il sistema dell'informazione, la nostra missione è quella di creare una notizia in grado di soddisfare il più possibile questi tre requisiti:
1. ottenere la massima visibilità;
2. ottenere un'immagine coerente con il piano marketing;
3. fare in modo che i consumatori della notizia siano portati a diffonderla ulteriormente.
Si tratta di una concezione molto pragmatica che funziona come un cavallo di Troia nei meccanismi di produzione dell'informazione: in un sistema sociale in cui la produzione della realtà avviene ancora in gran parte in modo gerarchico, sono ancora i media di massa a definire il successo di un marchio o di un prodotto. Se non hai il budget per accedere direttamente a quel sistema puoi provare con un buon hack. Da questo punto di vista, Internet rappresenta un'utile sponda, un'occasione di approfondimento e di contatto diretto tra business e customer, un occasione per ricreare la verità che si cela dietro la notizia confezionata artificialmente, ma non può essere un punto di forza.
Il Marketing di Guerriglia è l'arte di ottenere il massimo risultato con il minimo degli investimenti, e come nella guerriglia non si hanno tante regole da rispettare perché l'obiettivo e l'azione vengono prima di tutto. Il Marketing di Guerriglia sa di non potersi permettere di chiedere il permesso prima di iniziare a parlare con un possibile cliente (permission marketing) perché i carri armati degli eserciti regolari sono dietro l'angolo e, se perdi troppo tempo nei preliminari, quelli iniziano a fare fuoco a cannonate. Il Marketing di Guerriglia conosce i meccanismi memetici di diffusione delle informazioni (viral marketing) e ne tiene conto nella costruzione delle notizie, ma conosce anche il ruolo centrale che in questo processo ancora giocano i mezzi di comunicazione tradizionali.
In questo senso abbiamo utilizzato Internet soprattutto come una sponda dietro cui nascondere un prodotto, oppure come punto di partenza per diffondere una notizia. Se si sfruttano unicamente i meccanismi orizzontali della comunicazione e si aspetta che i reticoli delle relazioni sociali facciano il loro lavoro per noi le risorse da investire diventano ingenti oppure bisogna rassegnarsi a tempi molto lunghi per raggiungere obiettivi minimamente ambiziosi. Per questo abbiamo sempre puntato al broadcast e lavorato spesso con le hoax, finti scoop costruiti appositamente per i media in grado di riverberarsi nelle reti sociali assieme alla nostra comunicazione commerciale.
Un esempio di quanto detto è stata l'operazione portata a termine lo scorso anno a Riccione.
Nell'estate del 2001, per la promozione del turismo sulla riviera, la Regione Emilia Romagna ha puntato
su una campagna tradizionale che ruotava intorno allo slogan "Vacanze a Ufo" attraverso immagini
di omini verdi e dischi volanti. La campagna, il cui sottotesto era "Siamo in grado di
accogliere qualsiasi tipo di turista", ha utilizzato il classico media-mix di cartellonistica,
inserzioni sulla carta stampata, spot televisivi e radiofonici.
In questo scenario il Comune di Riccione ha deciso di insistere e approfondire i temi di quella campagna con una serie ulteriori di azioni di comunicazione e di eventi sul territorio (una simpatica mappa della città per extraterrestri, un festa dal sapore alieno nella piazza principale, gadget, pieghevoli ecc.). Quello che abbiamo proposto all'assessorato al turismo del comune di Riccione è stata la messa in scena di un falso atterraggio Ufo nei pressi dell'Acquafan.
Abbiamo così disegnato nottetempo tre grandi cerchi con dell'acido e gestito in modalità ghost i rapporti con la stampa fornendo loro interviste a testimoni, ufologi ecc. Il risultato ottenuto è stata un'altissima visibilità sulla stampa (prime pagine sui tre quotidiani locali, su quasi tutta l'emittenza radio e tv locale, quindi sulla stampa nazionale fino ad arrivare a un servizio su un telegiornale nazionale), la perfetta coerenza con la programmazione strategica e la presenza sul luogo dell'atterraggio di tanti turisti curiosi.
Quando dopo due giorni il Comune di Riccione ha raccontato la vera storia dell'Ufo oltre a ottenere ulteriore visibilità ha avuto modo di rilanciare la campagna di promozione turistica confermando la propria immagine di comune trasgressivo e di tendenza.
Si tratta di operazioni che evidentemente non si adattano a tutti le tipologie di business.
Una modalità di fare comunicazione più adatta ad un lancio che a strategie di consolidamento,
più appropriata all'economia immateriale che a quella tradizionale, più ad aziende che hanno
già inscritto nel proprio dna l'eccesso e il rischio. Un marketing rischioso da gestire con la
stessa attenzione e passione di una fanzine underground.
Andrea Natella
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