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L'attenzione come bene comune

  
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In occasione del World Summit on the Information Society, organizzato dalle Nazioni Unite tra il 10 e il 12 dicembre, centinaia di rappresentanti di media comunitari e di organizzazioni della società civile si sono date appuntamento a Ginevra per porre questioni relative all'accesso ai media e contestare il predominio dell'economia sulla comunicazione.
Nell'ambito delle diverse azioni che hanno avuto luogo in quei giorni un reader a stampa conteneva, tra gli altri, questo nostro intervento.

Per saperne di più:
Wsis? WeSeize?



E’ il 1959. Siete seduti in una sala cinematografica di San Francisco e state guardando The Tingler ("Il mostro di sangue"). E’ la storia di un dottore, Vincent Price, che scopre l’esistenza di una creatura che vive sulla spina dorsale delle persone. L’unica prova che ne attesti l’esistenza è una specie di brivido alla schiena. Ad un certo punto del film Vincent Price vi avverte che se non volete vi si spezzi la schiena dovete gridare e proprio in quel momento sentite una leggera scossa elettrica che attraversa la poltrona e intorno a voi altri spettatori iniziano a urlare.

Si tratta dell’effetto Percepto uno dei trucchi più riusciti di William Castle che per il suo The Tingler aveva disseminato le sale cinematografiche di poltrone elettrificate. Uno dei primi esempi di marketing guerriglia che condensa al meglio la costante ricerca dell’attenzione che caratterizza il rapporto media-pubblico. Castle era disposto a tutto pur di alimentare la spettacolarità dei suoi prodotti e non avendo a disposizione i grossi budget delle produzioni cinematografiche “alte”, utilizzava dei metodi “dal basso” per ottenere l’attenzione del pubblico. Ma il “metodo Castle” aveva anche l’effetto, chiarissimo nel caso di The Tingler, di produrre un evento reale che coinvolgendo attivamente gli spettatori in un’azione non convenzionale metteva in crisi la credibilità e la verticalità del media cinema.

Nella società dell’informazione, caratterizzata da un flusso comunicativo continuo e sovrabbondante, l’unico bene davvero raro è l’attenzione, merce preziosa perché tendenzialmente non illimitata. Catturare l’attenzione del consumatore, così come quella del cittadino o dell’utente, è l’obiettivo centrale intorno al quale si affannano esperti di comunicazione, uomini marketing e persuasori vari.

Ma se la nostra attenzione viene trasformata in valore economico (allo stesso modo in cui vengono trasformate tutte le nostre innovazioni, sperimentazioni e produzioni discorsive), la questione centrale è allora quella della remunerazione per il lavoro prestato e delle modalità con cui è possibile contrapporsi a tutto questo.

La pervasività della società dell’informazione sembra avere la capacità di erodere continuamente tutti gli spazi agibili per la creazione di discorsi alternativi che vengono lanciati da soggetti intenzionati a marcare la propria irriducibilità a questo modello di sviluppo. I linguaggi vengono omologati e ogni alterità depotenziata: qualsiasi ipotesi di sovversione dell’esistente trova nell’industria dello spettacolo una macchina in grado di ricondurre questi tentativi al codice dell’economia.

Le tecniche di communication guerrilla sono una risposta possibile a questo stato di cose. Dètournement, azioni creative, subvertising, sabotaggi culturali, sono tutte pratiche utili a chi voglia riuscire ad ottenere attenzione per i propri contenuti senza avere a disposizione i mezzi economici e tecnici necessari ad entrare nei circuiti della comunicazione mainstream. Le pratiche di comunicazione di guerriglia hanno dalla loro il potere di svelare in maniera immediata l’ambiguità e l’assurdità delle comunicazioni mainstream, siano esse informazioni commerciali o istituzionali poco importa. Ma si tratta pur sempre di “falsi”, specularmente opposti ai messaggi “veri”, parodie degli originali che vengono in tal modo sbeffeggiati e messi in ridicolo ma mai messi in crisi nel loro statuto di “originali” e ancor meno nella loro natura di strumenti di valorizzazione economica.

Catturare l’attenzione per riuscire a comunicare contenuti "altri" è un’operazione che da sola non basta: ciò che bisogna riuscire a minare è la credibilità del sistema nel suo complesso, sabotare il meccanismo che dà attendibilità e soprattutto valore allo spettacolo.

E’ necessario, cioè, inoculare un processo degenerativo nel sistema di valorizzazione economica della comunicazione, estendendone le regole a partire dal momento in cui l’attenzione viene carpita. Non limitarsi ad interferire nel processo di comunicazione, ma farne parte inquinandolo alla fonte. Inserirsi nel flusso sottraendogli senso. Infettarne il sistema di valorizzazione attraverso la rivendicazione continua del valore economico della propria attenzione e della propria attività di comunicazione.

Si vuole attenzione, notizie, eventi, ma tutto questo ha un prezzo. La battaglia senza esclusione di colpi per la conquista dell’attenzione è necessariamente una battaglia a somma zero che non può che concludersi che con la totale perdita di fiducia del cittadino-consumatore nella credibilità della comunicazione economica nel suo complesso.

Non c’è informazione senza spettacolo e non c’è spettacolo scevro da ragioni economiche. Fare guerriglia marketing vuol dire inserirsi nel flusso comunicativo, esplicitarne la natura economica ed estremizzarne tutte le contraddizioni giocando sul loro stesso terreno. In una parola: farsi pagare per accelerarne la fine.


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