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"Tutto il potere ai segni" è un libro importante. E' importante perché articola una riflessione
complessiva sul marchio: definisce infatti un percorso che dalle specificità simboliche che gli
sono proprie e arriva fino alle trasformazioni dei regimi legislativi sulla proprietà intellettuale
che si stanno definendo in sede internazionale.
Troppo spesso la riflessione critica sulla pervasività della pubblicità si arresta all'analisi
dei dispositivi semiotici e psicologici attraverso cui il consumatore viene incluso nello
spazio dell'economia.
Francesco Antinucci ha invece il merito di non accontentarsi di contrapporre le condizioni
disumane in cui sono costretti i lavoratori nei paesi in via di sviluppo con la dimensione
fantasmagorica con cui vengono rivestite le merci che quei lavoratori producono quando vengono
commercializzate nell'opulento occidente. Tutto il potere ai segni cerca invece di indagare
le ragioni economico-politiche che consentono di vendere a 100 una merce che costa 1 quando
esce dalla fabbrica. Il tentativo è quello ci capire le trasformazioni della macchina economica
a partire dal marchio come dispositivo di smaterializzazione in grado di marginalizzare
l'importanza che il bene possiede in quanto oggetto fisico a tutto vantaggio degli universi
simbolici che in esso si riescono a incorporare.
Il marchio sposta l'attenzione del consumatore dagli aspetti materiali della merce a quelli
simbolici e immateriali. Ma se gli aspetti materiali sono calcolabili e confrontabili (qualità
dei materiali, funzionalità, lavorazione ecc.), gli aspetti simbolici rompono la razionalità
del consumo poiché fanno appello unicamente ai valori soggettivi del consumatore. Gli universi
simbolici creati dai marchi permettono dunque all'azienda di svincolare le politiche di prezzo
dai costi di produzione. Il prezzo diventa così una variabile legata in modo pressoché esclusivo
alla domanda di valori e quello
che deve essere prodotto sono gli universi simbolici che a quei valori alludono.
L'aspetto paradossale è che questi universi simbolici nascono nelle stesse strade dell'occidente in cui si muovono i consumatori, sono cioè filosofie di vita che vengono prodotte dalla libera interazione fra gli individui al di fuori dell'economia.
Solo attraverso l'intervento del marketing questi valori vengono ri-segnizzati, vengono incorporati nel brand e resi visibili affinché il pubblico possa tornare a esibirli. Il marchio rappresenta cioè una scorciatoia per l'esibizione pubblica di valori soggettivi e personali, che il consumatore non può che considerare preziosi ed è quindi disposto a pagare oltre ogni ragionevole considerazione sulla qualità del prodotto fisico.
Secondo Antinucci questo meccanismo farebbe slittare la società verso modelli di fruizione culturale fittizia in cui i valori critici delle arti andrebbero completamente perduti all'interno della rifunzionalizzazione operata dall'economia della marca. Si tratta in questo caso di considerazioni apocalittiche che non lasciano spazio ad alcun rilancio, sembrerebbe più utile invece iniziare a considerare queste trasformazioni nei termini di nuova dimensione antropologica rispetto a cui la dimensione creativa del conflitto è sfidata a individuare nuovi percorsi.
Non a caso il punto di approdo del testo è più correttamente quello che individua nella battaglia contro il copyright la prima tra le opzioni strategiche necessarie per liberare la creatività sociale. E' infatti proprio la legislazione sul copyright quella che consente la tutela di quell'appropriazione di valori e "filosofie di vita" operata dall'economia ai danni del sociale. In quanto garante del processo di valorizzazione lo statuto giuridico del marchio è infatti il primo dispositivo a creare esclusione nel cuore stesso dell'occidente ad esclusivo vantaggio dei grandi capitali. Lo dimostrano le analisi finali di Antinucci sui documenti del Wto in cui si descrive l'estensione di una legislazione sul copyright che sembra delineare uno scenario di monopolio piuttosto che preoccuparsi di rilanciare e sviluppare la creatività del pianeta.
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